TORTA DI VERDURE ALLA SANGINESINA

Questa torta di verdure, a S. Ginese (che è un paese del capannorese vicino al mio) la facevano un po’ diversa da quella che vi ho descritto nel mio precedente libro. Prima di tutto veniva usato il pane raffermo, avanzato dai giorni precedenti, e non con il riso. Così facendo, il costo della torta era minore. La mia mamma era nativa di S. Ginese e le faceva (se non ricordo male) così. Prendeva il pane, lo ammollava in latte ed acqua, lo strizzava bene, in modo che si sbriciolasse, e lo metteva in una ciotola. Poi, ad occhio, aggiungeva uvetta sultanina, ammollata e strizzata, pinoli, cedro a pezzetti, tagliato col coltello, bietola e prezzemolo lessati insieme, strizzati, tritati e passati nel burro con del sale. Aggiungeva, anche, delle spezie, vaniglia, una mescolanza di liquori, zucchero (100 gr per ogni etto di pane secco). Poi ci sbatteva delle uova fino ad ottenere un impasto fluido, ma non liquido. Metteva, ancora, un pizzico di sale ed una bustina di lievito ogni 500 gr di pane secco. Talvolta aggiungeva del cacao in polvere.

Faceva la frolla, sufficiente per 3-4 torte, con 1 kg di farina, 400 gr di zucchero, 300 gr di burro, 100 gr d’olio, un pizzico di sale, 2 bustine di lievito setacciato con la farina, liquore a piacere e 5 uova. Metteva la farina sopra il tavolo, vi faceva un buco al centro dove, poi, inseriva tutti gli ingredienti. Impastava velocemente fino ad ottenere una frolla  piuttosto morbida, mai dura,  perché, altrimenti, questa si sarebbe strappata (in tal caso bastava aggiungere del latte, poco alla volta, fino ad ottenere la consistenza voluta).  A questo punto imburrava ed infarinava una teglia rotonda. Spianava la sfoglia e la adagiava sul fondo. Vi versava il ripieno e rifilava la pasta, leggermente sopra il ripieno stesso. La rifilatura poteva essere fatta alla stessa altezza, per tutta la circonferenza della teglia, oppure con i caratteristici “becchi”. Talvolta la decorava con delle strisce di pastafrolla incrociate tra loro. La torta veniva infornata a 200 gradi per 40 minuti, fino ad ottenere una sfoglia color nocciola ed un impasto non molliccio, ma, bensì “tirato”. Fuori dal forno, veniva, poi, lucidata, usando un pennello, con acqua e zucchero sciolto. Una volta, queste torte erano cotte nel forno a legna. Ricordo che scaldarlo era una fatica. Per vedere se il forno era caldo, bisognava guardarne la volta, che doveva diventare biancastra. A questo punto veniva messo dentro un foglio di carta gialla. Se questo prendeva fuoco, voleva dire che il forno era troppo caldo ed allora bisognava lasciarlo freddare un po’. Quando le torte venivano sfornate, usciva un profumo che si espandeva per tutto il paese.

Ingredienti per il ripieno
500 gr di pane,ammollato in latte e acqua, e strizzato. aggiungere 500 gr di zucchero.
2 palline di bietola, tritata , con una manciata di prezzemolo tritato e sale.
6 uova grandi, sbattute.
100 gr di pinoli.
200 gr di uva sultanina, ammollata nel rum.
100 di macedonia candita.
Pepe, noce moscata e spezie con parsimonia. Assaggiate quando avete impastato tutti gli ingredienti, le spezie non devono prevalere più di tanto. Se l’impasto è un poco sciapo, aggiungete un pizzico di sale.
Vaniglia.
1 bustina di lievito.
Mescolanza di liquori.
Una manciata di amaretti, sbriciolati (facoltativo).

L’impasto, ottenuto dagli ingredienti di cui sopra, serve per 3 o 4 torte medie. Se fossero troppe, mettere l’impasto di pasta frolla spianato nelle teglie imburrate e infarinate, aggiungere il pieno fatto precedentemente con il pane e tutti gli altri ingredienti, ricopritele con carta stagnola e congelatele. Quando ve ne servirà una, scaldate il forno a 200 gradi, togliete la stagnola ed infornate. Dopo 30 minuti osservate che la cottura sia regolare e che l’impasto non bruci. In tal caso, abbassate la temperatura a 180 gradi. La torta, per essere cotta, deve avere i “becchi” di colore nocciola e l’impasto deve essere solidificato ed avere una crosticina dorata. Quando toglierete la torta dal forno, spennellatela con acqua e zucchero sciolto.

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